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Interviste impossibili



Intervista a il lupo cattivo

 

E “Bentrovato Due Calzini”.
L “Anch’io sono contento di trovarti Enrico, ma perché mi chiami Due Calzini?”.
E “Sai, quando penso a te vedo sempre la sagoma smagrita del timido lupo, interprete del bellissimo film di Kevin Costner, Balla con i lupi”.
L “Ah? Per la maggior parte di voi uomini, nel corso del tempo, io ho rappresentato l’archetipo del feroce predatore, il simbolo della paura, e tu mi chiami Due Calzini?”.
E “Se ritieni la cosa offensiva smetto subito!”.

L “No, la trovo divertente, anche se non posso fare a meno di notare che alla fine anche Due Calzini, come vostro costume con i lupi, viene preso a fucilate”.
E “Sai, mi sono sempre chiesto del perché un animale, tutto sommato non particolarmente dotato, sia diventato il simbolo del predatore, l’animale temuto per eccellenza”.
L “Non particolarmente dotato? Che fai mi offendi?”.
E “No, no per carità! Tu sei il mio preferito. Intendo dire che come predatori ce ne sono di più grandi, forti e feroci di te”.
L “In effetti è così. Mi rendo conto di non poter rivaleggiare con un leone e neanche con un orso”.
E “Già, ma allora perché l’odio si è riversato tutto su di te?”.
L “Amico mio, non ti confondere; la capacità di voi uomini di sterminare intere razze di animali e anche vostri consimili, è distribuita con grande generosità, e anche se la paura vi facilita il lavoro, siete in grado di perpetrare le vostre malefatte prescindere dal vostro odio. Insomma le stragi sono la vostra forma migliore di ugualitarismo; c’è ne per tutti”.
E “Accidenti, si potrebbe farne uno slogan: la democrazia dello sterminio. Ma al di là della battuta non mi hai ancora risposto”.
L “Hai ragione. Vedi è tutta colpa della vicinanza”.
E “Vicinanza?”.
L “La questione va esaminata da due angolazioni. La prima è una vicinanza, come dire, geografica, fisica. Noi lupi siamo l’unico grande predatore presente un po’ in tutto il mondo. I leoni sono in Africa, le tigri in India, i giaguari in Brasile. Solo noi lupi siamo presenti in tutte le vostre culture”.
E “Effettivamente è così, non ci avevo pensato”.
L “La seconda angolazione riguarda la vicinanza dell’eguale”.
E “Spiegati, non capisco”.
L “Facciamo un esempio. Se ti trovassi a competere con un campione del tuo sport preferito non avresti problemi nel perdere; la sua superiorità sarebbe così schiacciante, così manifesta, che riconoscerla non ti creerebbe nessun problema. Ma vuoi mettere competere con il tuo vicino o con un tuo amico, che magari è appena un po’ più forte di te. Che rabbia, che determinazione nel volerlo superare.
Ecco io per voi sono raggiungibile, contrastabile, la giusta misura per scatenare la vostra rivalità, il vostro rancore quando prevalgo.
E “Sono abbastanza d’accordo anche su questo punto, poi come se non bastasse abbiamo addomesticato alcuni di voi e che sgarbo i servi che si ribellano”.
L “Piano, non ti allargare. Quei poveri servi che maltrattare e abbandonate, hanno nelle loro vene essenzialmente sangue di sciacallo, non lupino”.
E “Va bene. Ecco, però, le tue spiegazioni sono convincenti, ma mi sembra che manchino di qualcosa. Alla fin fine sono logiche e razionali, ma non convincono sul piano emotivo. C’è sicuramente qualcos’altro che scatena il nostro rancore, la nostra angoscia”.
L “Beh, poi c’è l’anima. Noi siamo lo specchio della vostra anima.
E “Onestamente questi discorsi sull’anima mi sembrano un po’ abusati, comunque sentiamo”.
L “Voi uomini vi pregiate, vi illudete di esservi affrancati dall’animale dal quale discendete, ma non è così e noi meglio di chiunque altro ve lo ricordiamo.
E “Guarda Due Calzini, sino ad adesso mi sono trovato d’accordo un po’ su tutto con te, ma questa dell’animale che alberga nel nostro profondo la trovo poco convincente”.
L “Potrei rimanere su un piano, come dire, generale, dove ti ricordo l’atavica e oscura attrazione che ho sempre esercitato sugli uomini più deboli, esaltandone l’aggressività, l’entusiasmo, la forza, la tenerezza, la depressione e la malinconia che si alternano senza sosta e si manifestano in un desiderio incontenibile di urlare, mordere, scappare in luoghi solitari, proprio come un lupo; ma stupidamente come fate vuoi uomini trasformandoli in quei mostri demoniaci che chiamate lupi mannari”.
E “Potresti e invece?”.
L “E invece preferisco ricordarti quella sera, dopo che ti eri picchiato con quel tipo perché ti aveva offeso. Ti assicuro che anche se parlavi del tuo imbarazzo per un gesto così incivile, i tuoi occhi raccontavano dell’orgoglio per quella tua impresa ottenuta dalla forza delle tue membra. E come ti gongolasti quando trovasti i tuoi lupacchiotti è gli raccontasti delle tue gesta. Loro erano giovani, senza troppe sovrastrutture culturali, dei veri e propri animali. Già, non hai sempre definito così i tuoi figli: rozzi animali incivili. Solo che, quando anche tu sei sprofondato nella tua bestialità hai trovato così bello condividere i tuoi istinti con altri tuoi uguali”.
E “Non è così semplice, dietro ci sono motivazioni più profonde, più problematiche …”.
L “Certo, certo, ma vogliamo parlare di quando ti dedichi al tuo sport preferito: la caccia alle donne?”.
E “Esprimiamoci diversamente, vuoi dire dei miei tentativi, spesso sfortunati, di conquistare il cuore di una donna”.
L “ Quanta ipocrisia: tu, voi uomini che cercate, sì cercate, ma di predare!
E “ Adesso stai esagerando”.
L “Dici? Ma proprio tu, se non ricordo male, raccontavi di come, dopo essere riuscito a ‘conquistare’ il ‘cuoreee’ di una donna, ti sentissi un po’ deluso, un po’ scocciato; che alla fin fine ti veniva a mancare la cosa più bella, più affascinante, più emozionante. La caccia!
Inseguire la preda, ghermirla, stringere con forza i suoi seni, leccare la sua pelle e l’afferrarla per i fianchi da tergo per possederla, manifestando la tua forza.
Sapessi quante volte ti ho visto, quando una bella femmina ti passava vicino, annusare l’aria alla ricerca di un profumo, un odore acre del suo sesso. Che magnifico cacciatore che saresti stato se l’ipocrisia e i sensi di colpa non avessero represso le tue pulsioni.”
E “Ma così mi dai del maschilista?”.
L “Cosa hai capito? Non è un problema di maschi e femmine. Non sto parlando degli uomini che picchiano, violentano le donne. Quello è l’effetto della vostra degenerazione culturale, delle vostre frustrazioni per non poter essere liberi. Un lupo non picchia mai inutilmente le sue femmine, non le prende con la forza, gli si offrono”.
E “Gli si offrono?”.
L “Vedi, le vostre femmine, un po’ giustamente per sottrarsi alla vostra nevrastenia violenta, un po’ perché a loro volte nevrasteniche e contro natura, vogliono dei maschi da poter controllare: bellini, educati, ragionevoli, inoffensivi. Ma quando il loro estro sale, allora fremono, le loro cosce tremano per quegli uomini di ruvido aspetto, che saprebbero prenderle, possederle con forza, determinazione, passione, virilità”.
E “Ehi calma, non so che dirti lupo; c’è del vero nelle tue affermazioni, ma la fai troppo semplice”.
L “Mi dispiace se ti ho turbato, non volevo. Certo è difficile accettarci per quel che siamo”.
E “No, non importa, è colpa mia, ero io che dovevo intervistarti, che dovevo condurre il gioco. Possiamo considerare l’intervista conclusa”.

 

L “Certo, basta parlare mio dolce Enrico”.
E “Dolce?”.
L “Sì, dolce è il sangue delle tue membra”.

Senza un rumore, più veloce anche della mia paura, la fiera con gli occhi tristi fece suo il mio respiro, sprofondandomi nell’abisso delle sue fauci fameliche.

luglio 2012

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